Quale legame può esserci tra le mura di un vetusto palazzo nel cuore di Firenze, l’arte, il vino ed una dama dorata? La risposta è sorprendente perché cela la scoperta di un luogo unico, dove alberi secolari vigilano premurosi ogni cosa.
Tenuta Fratini rappresenta la materializzazione di un desiderio: quello di utilizzare l’esperienza del passato per creare un’opera nuova. Qui, l’amore per il buon gusto decide di investire nella ricerca del connubio perfetto tra vite, innesto e terreno, dando vita ad un progetto che sa di tempi moderni. Il vino entra nella vita della famiglia Fratini nel 1999 con Argentiera, quando Marcello e Corrado Fratini investono nella Tenuta insieme a Piero Antinori, collaborazione che termina con la vendita a Stanislaus Turnauer nel 2016. La passione per l’arte di produrre vino si insinua prepotentemente nella famiglia Fratini tanto da desiderare un altro luogo dove esprimersi. Sarà Ludovica, figlia di Marcello, ad essere coinvolta, scovando in Bolgheri, un rifugio magico dalla città, dove, insieme al padre ed allo zio, riusciranno a dar vita ad una delle più nobili espressioni dell’unione delle forze tra l’uomo e la natura. Tenuta Fratini, è una tela bianca di 28 ettari vitati, immersa in una riserva di caccia di circa 1.100 ettari, leggermente più a sud di Argentiera, a pochi passi dal litorale di Castagneto Carducci a Donoratico. È un dedalo di terreni frammentati, tra bosco e vigna. Possiamo osservare un laboratorio di creazioni a cielo aperto, che già al suo ingresso sottolinea l’amore per il bello dei Fratini; qui, infatti, diverse installazioni artistiche ci ammaliano, creando una galleria d’arte lungo tutta la proprietà. Un luogo mutevole esattamente come la natura che cambia, si evolve e risplende di luce propria, vegliata dai volti di Camilla Bacherini, artista fiorentina. Siamo in presenza di un’opera d’arte vivente e scontato appare il richiamo ai giardini del Vittoriale a Gardone Riviera, dove D’Annunzio trascorse il tempo per le sue ultime creazioni. L’arte che più volte entra negli scritti del poeta, esteta e amante del bello, che nel “Il Piacere” scriveva: “Arte! Arte! Ecco l’amante fedele, sempre giovine, immortale; ecco la fonte della gioia pura, vietata alle moltitudini, concessa agli eletti; ecco il prezioso alimento che fa l’uso simile a un dio”. Oggetto del divino, dà potere all’uomo che, nel plasmare la sua creatura ne fa scaturire la prorompente bellezza, come accade proprio in questo magico luogo. Camminando tra le creazioni della Tenuta, si percorre il viale Hortense, dal nome dell’omonima contessa Hortense de la Gàndara Serristori, la quale in passato passeggiava tra i terreni che oggi ospitano i vigneti, al riparo dal sole sotto l’ombra di archi naturali dalla figura imponente. Ed è la stessa Contessa ad ispirare l’artista, artefice dell’opera della Tenuta Fratini. Un luogo denso di magia, dove innovazione e natura dialogano intimamente coinvolgendo il visitatore in un percorso emozionale. L’artista si munisce di tela, cavalletto e pennello per andare alla ricerca dei toni che tradurranno il vino in arte. Per poter dipingere grandi capolavori, abbiamo bisogno di solidi pilastri, tra i quali: disciplina, studio e conoscenza. Chi meglio del cileno Pedro Parrà, esperto in viticoltura di precisione, poteva donarci una fotografia precisa del mondo che si erge sotto i nostri piedi? L’approccio del Parrà prevede scavi profondi, i quali permettono di conoscere il luogo dove le radici della pianta trovano forza e nutrimento, donandoci frutti straordinari. Grazie al suo contributo, è possibile conoscere le esatte condizioni in cui la pianta è chiamata ad operare, concedendoci la possibilità di andare in fondo, oltre la superficie. Un percorso di creazione che necessita la mappatura dei suoli, grazie anche all’intervento di Nelson Munoz Sara e Francoise Vannier di Adama Terrois Viticoles, ed all’introduzione di analisi avanzate MRS, tecnologia innovativa che consente di individuare le caratteristiche profonde relative alla natura del terreno, selezionando il giusto luogo per ogni singola barbatella piantata. Ricercando meticolosamente, alla luce della profonda conoscenza del suolo acquisita, si identificano ben 20 combinazioni di vite, clone e vivaio differenti. Alla lista degli uomini che hanno contribuito a scoprire i primi colori della tavolozza di Fratini si aggiunge quella dell’agronomo di Bordeaux Xavier Choné, il quale, dopo un lavoro straordinario nel Médoc, partendo da Léoville Las Cases, è divenuto famoso per riuscire a sintetizzare in maniera tangibile il concetto di Terroir, iniziando dal terreno, con profonde analisi in grado di portare alla luce la personalità di grandi vini. Tre anni di scavi, analisi e valutazione, dal 2016 al 2019, hanno consentito l’identificazione dei primi colori della tavolozza della Tenuta Fratini: il rosso dell’argilla e il blu della pietra (Smagtite), che tra un sasso e un granello di sabbia creano sfumature uniche, tradotte in vini senza tempo. L’avvalersi di esperti del terreno e della viticoltura, dal sentore internazionale, ha consentito la determinazione degli strumenti necessari alla buona riuscita del vino, qui il pennello incarna il portainnesto ed i cloni le pennellate che aggiungono ulteriori sfumature al nettare di Bacco.
Un luogo denso di magia, dove innovazione e natura dialogano intimamente coinvolgendo il visitatore in un percorso emozionale



Una famiglia diventa, quindi, Bisognosa di conoscere le singole venature lasciate da ogni pennellata. Ecco perché si lavora parcellizzando per singolo vigneto, consentendo di sfruttare ogni caratteristica del suolo, che acquista unicità sullo sfondo eterogeneo della sua composizione. Ogni pianta trova il suo posto ed il suo tempo, con il solo obiettivo di produrre la miglior uva possibile. Siamo di fronte ad una forma di cura che ricorda quella che un genitore ha per la prole, in questo caso l’uomo cerca il luogo perfetto per accogliere la pianta, sotto il sole di Bolgheri, lasciando alla vite di esprimere il suo massimo potenziale. L’uva Perfetta ha bisogno di essere lavorata da mani esperte atte a valorizzare ogni passaggio, dal lavoro di ricerca, a quello in vigna. Ed esattamente come Antinori aveva fatto con Émile Peynaud, padre fondatore dell’enologia moderna, per la creazione di Tignanello, ci si affida ai cugini francesi per dar vita all’opera della Tenuta Fratini. In questo caso, si porta a Bolgheri Eric Boissenot, attuale enologo di quattro dei cinque Premiers Grand Cru di Bordeaux: Latour, Lafite-Rothschild, Margaux e Mouton-Rothschild. Il Boissenot trova fonte di ispirazione nel Mar Tirreno, tanto caro a Giacomo Tachis, enologo chiave per l’Italia all’epoca della nascita dei SuperTuscan, il quale riteneva che il vino necessiti del mare, in quanto gli dona una marcia in più ed un carattere distintivo. Ai grandi consulenti d’oltralpe si aggiungono poi i pilastri della squadra di Bolgheri, l’agronomo Gianni Moscardini e l’enologo Emiliano Falsino, che insieme concretizzano il progetto della Tenuta Fratini. Percepire il vino, dal momento in cui la radice della pianta incontra il terreno, aspettare, gestire, progettare e dirigere la grande e capricciosa orchestra della natura, non è un’abilità comune, ma peculiare di coloro i quali hanno imparato con il tempo a percepire gli anni di lavoro dedicati alla sua produzione. Un vino, per quanto nasca in vigna, necessita di una cantina, e neanche in questo caso ci si è limitati: entrando nella sala dove la produzione ha luogo, alla tavolozza dei colori Del nostro artista si aggiungono il grigio del cemento delle vasche di fermentazione e il marrone del legno usato per l’affinamento. Sembra quasi di entrare in una piccola Cheval Blanc, prestigioso e rinomato Château della regione di Bordeaux a Saint-Émilion. L’ambiente, dai toni opachi, durante la vendemmia, si colora del porpora e rubino del Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot. Le uve accolte nelle mura della cantina di Fratini sono frutto di un sacrificio, quello consumatosi in vigna, dove tra l’azzurro del mare e il verde dei boschi si lasciano cadere alcuni dei grappoli, per selezionarne solo i migliori. Per quanto possa sembrare doloroso abbandonare sul terreno al passaggio dei vendemmiatori il frutto di duro lavoro, è necessario essere coscienti del sacrificio senza il quale non si potrebbe ottenere il vino con la concentrazione desiderata, soprattutto quando si lavora con viti giovani come quelle della Tenuta Fratini. La famiglia Fratini ci ricorda che, quando vuoi dar vita ad un buon vino, è necessario avere un’idea precisa, utilizzando la conoscenza acquisita sul luogo dove si opera come fonte di ispirazione. E non bisogna confondere il desiderio di emulare con l’artificio, perché qui si ribadisce che non basta una sola persona per creare un grande vino: un grande vino è l’insieme di conoscenza e analisi che si muovono sullo sfondo di una visione precisa, desiderosi di conoscere il risultato tanto cercato. Sveliamo quindi i segreti di questi vini creati da cotale ricerca ed investimento: Clinio, Harte ed Hortense. Clinio, dal nome etrusco, rappresenta una fotografia fedele dell’intero progetto, riuscendo a dare colore al grigio cemento e al freddo acciaio utilizzati per la sua produzione, riscaldato da Botti di secondo passaggio. Questo vino ci spinge a riflettere sulle prospettive future di Fratini, considerando anche le aree al di fuori dei confini della Tenuta, parte delle uve viene coltivata oltre i suoi limiti. Harte Bolgheri Superiore, così chiamato in onore delle installazioni artistiche della Tenuta, è più opulento, sofisticato: dal primo sorso si comprende la sua natura eclettica destinato a cambiare con il tempo. Dal 2021, dove il Cabernet Franc è il vitigno predominante, con una composizione di solo il 21% di Cabernet Sauvignon e il 7% di Merlot, l’annata 2023 vedrà un cambiamento, i tre vitigni verranno distribuiti in parti uguali. Il Merlot avrà bisogno di carattere per poter domare la potenza del Cabernet. Sull’etichetta di Harte un disegno in rilievo in argento raffigura l’albero di ulivo all’ingresso della Tenuta, stesso motivo in rilievo usato per Hortense, che però in questo caso si vestirà d’oro. Lo stesso oro scelto da Gustav Klimt nel periodo più proficuo della sua produzione, quando ritrae Adele Bloch-Bauer in figura intera, divenuta famosa per essere la Donna in Oro (“Woman in Gold”). Klimt unisce l’arte bizantina dei mosaici conosciuta a Ravenna con la tradizione Orafa del padre, introducendo nei suoi dipinti dal 1903 al 1909, l’oro, mistico materiale che da sempre affascina l’uomo. Hortense si veste d’oro, quasi a voler evocare l’immagine della Contessa dorata, mentre attraversa regalmente ornata il viale alberato omonimo.
La passione per l’arte e l’eccellenza penetra l’intero paesaggio che dà vita al vino, l’equilibrio tra l’impegno dell’uomo e la generosità della natura si traduce in creazione.
Hortense si dimostra essere il vero fuoriclasse dei tre, il Cabernet Sauvignon lascia il palco al Cabernet Franc, dal frutto pieno, dai sentori balsamici di macchia mediterranea, coadiuvato da un finale morbido che riempie la bocca, il sapiente uso dei Legni contribuisce a renderne ampio il sorso. I vini della Tenuta Fratini seducono per la freschezza ed eleganza, rappresentano il futuro, richiamando un secondo approccio già al primo sorso, guardando verso un diverso orizzonte. In un’epoca in cui l’alcol viene demonizzato, si ritrova l’equilibrio ed il carattere del vino, grazie anche alla sapidità che arriva dal mare, e la forza di una terra che continua ad evolvere ed a dare. L’unica decisione che rimane da prendere è dove lasciarsi affascinare dai colori della tela di Fratini. E poiché nulla è lasciato al caso, immersa nei boschi della Tenuta, una piccola abitazione accogliente che si affaccia su un intricato reticolo di viti si rivela essere il luogo ideale. Seduti sulla poltrona di pelle, di fronte all’ampia vetrata, si gode di un panorama che incanta lo sguardo: un dedalo di vigne circonda un volto in pietra, il quale presenta un taglio verticale, lasciando intravedere il blu del mar Tirreno all’orizzonte. Il volto appare diviso, a voler simboleggiare il sacrificio fatto in vigna, una ferita che arreca sofferenza, necessaria per evolvere e godere del dolce frutto del duro lavoro dell’uomo. La mente vola in una dimensione diversa, per poi destarsi e perdersi nuovamente nell’immensità del mare di Bolgheri. La natura qui descritta come la tavolozza dei colori di Bolgheri ci porta a ragionare nuovamente sul futuro, alle cui avversità ci si prepara con la ricerca, necessaria per adattarsi alle sfide imposte dal tempo. Terreni, cloni e portainnesto sono gli strumenti usati da Fratini per assicurarsi un legame speciale con la terra di Bolgheri, che tra mare ed alture ti rapisce il cuore. Appare evidente, quindi, come la risposta a quella ricerca della connessione tra le mura di un vetusto palazzo nel centro di Firenze, l’arte, il vino ed una dama dorata, risieda nel cuore di Tenuta Fratini. La passione per l’arte e l’eccellenza penetra l’intero paesaggio che dà vita al vino, l’equilibrio tra l’impegno dell’uomo e la generosità della natura si traduce in creazione. Come la Dama Dorata, simbolo di un’arte senza tempo, i vini della Tenuta Fratini regalano emozioni, arricchendosi e trasformandosi con il passare del tempo, senza smettere di evolvere. Ogni calice versato aggiunge una nuova sfumatura alla tela di Fratini, che, nata da un sogno e da una visione, coadiuvata dalla ricerca, continua a mutare sotto l’ombra di un abbraccio di alberi secolari, tra il verde dei boschi, il blu del mare e la tavolozza di colori del suolo di Bolgheri.

www.tenutafratini.com
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www.meregalli.com
Di Immacolata Mauro per James Magazine di Bruno Petronilli